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Bologna

Occorre motivazione adeguata per sospensione licenza Taxi.

Pubblicato il 08/05/2020
N. 04886/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00232/2010 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 232 del 2010, proposto da
Umberto Grifoni, rappresentato e difeso dagli avvocati Emiliano Rosalia e Maria Rosaria Costa, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via della Giuliana, n. 50;
contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall'Andrea Magnanelli, con domicilio eletto in Roma, presso la sede dell’Avvocatura dell’Ente, via Tempio di Giove, n. 21;
per l'annullamento

- del provvedimento del Comune di Roma - Ufficio Temporaneo di scopo trasporto pubblico non di linea - emesso con Determinazione Dirigenziale n. 382 del 2 dicembre 2009, notificata il 10 dicembre 2009, con la quale veniva irrogata una sanzione amministrativa di sospensione della licenza taxi, n. 2412, per giorni 30 oltre a sanzione pecuniaria di euro 150,00 per violazione degli artt. 1 e 3, comma 1, del codice di comportamento;

- di ogni altro atto connesso, conseguente e/o antecedente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 maggio 2020 la dott.ssa Eleonora Monica;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il presente gravame, il ricorrente - titolare della licenza taxi n. 2412 - impugna la determinazione in epigrafe, di irrogazione nei suoi confronti di una sanzione amministrativa consistente nella sospensione di tale licenza per trenta giorni nonché di una sanzione pecuniaria di euro 150,00, per ritenuta violazione dei doveri di cui artt. 1 e 3, comma 1, del “Codice di comportamento” degli esercenti l’attività di trasporto pubblico non di linea, approvato con Deliberazione della Giunta Comunale n. 1406/1999, in relazione ad un preteso ingiustificato “rifiuto corsa” avvenuto a Roma il 13 marzo 2009, giusto verbale della Polizia Municipale di Roma, nonostante egli, sia in sede di osservazioni scritte che di audizione innanzi alla competente Commissione di garanzia, avesse rappresentato che non si fosse trattato “di una incolpevole temporanea impossibilità di esecuzione del servizio atteso un inaspettato sopraggiunto guasto tecnico all'autovettura che ne impediva la messa in moto”, come da allegate dichiarazioni testimoniali scritte rese dai due colleghi che, nell'occasione, gli avevano prestato soccorso.

Parte ricorrente chiede, dunque, l’annullamento di tale provvedimento assumendone illegittimità, oltre che per mancata adozione entro il relativo termine di conclusione del procedimento, per difetto di motivazione e di istruttoria, in particolare limitandosi la determinazione impugnata a richiamare genericamente, senza allegarlo, la presupposta “decisione assunta dalla Commissione di Garanzia” e non indicandosi in tale decisione (conosciuta dal ricorrente solo a seguito di relativo accesso agli atti) le più di due infrazioni commesse nell’arco di un biennio che giustificherebbero, ai sensi dell’art. 5.1 del citato “Codice di comportamento”, oltre all’applicazione della sanzione pecuniaria, anche la sospensione della licenza.

La Sezione, con ordinanza n. 439/2010, respingeva la domanda cautelare, “ritenuto che non sussiste il presupposto della gravità ed irreparabilità del danno lamentato, considerato che il provvedimento impugnato di sospensione della licenza ha un’efficacia temporalmente limitata a trenta giorni, già decorsi”.

Il Comune si costituiva in giudizio, successivamente depositando propria memoria difensiva in cui preliminarmente eccepiva il difetto di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo, nonché l’infondatezza nel merito delle censure proposte.

All’udienza pubblica del 6 maggio 2020, la causa veniva, dunque, trattenuta in decisione.

Deve essere, innanzi tutto, respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione, formalmente sollevata da Roma Capitale nella memoria depositata il 6 aprile 2020, osservando il Collegio come il presente giudizio - afferente alla legittimità di sanzioni irrogate dall’amministrazione comunale nell’intento di assicurare la continuità dell’“autoservizio pubblico non di linea” - sia devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 133, lett. c), del c.p.a., controvertendosi in materia di provvedimenti sanzionatori emessi nell’esplicazione di specifici poteri di vigilanza e controllo sulla corretta gestione di un servizio di trasporto pubblico, deliberati in ragione della violazione di disposizioni regolanti tali servizio, sicché, dunque, la relativa imposizione costituisce espressione di un potere autoritativo, volto alla salvaguardia del sotteso interesse pubblico al regolare svolgimento del servizio medesimo.

A ciò si aggiunga come nel caso di specie, l’applicazione delle sanzioni per cui è causa non risulti affatto automatica, bensì rimessa alla discrezionalità dell’amministrazione per quanto riguarda non solo il quantum ma anche l’an, potendo la Commissione di garanzia, che svolge l’attività istruttoria in contraddittorio con l’interessato, discrezionalmente esaminare e ponderare ogni singola fattispecie, esaminando, alla luce dei criteri di valutazione stabiliti all’art. 5.2 del “Codice di comportamento”, le specifiche circostanze di fatto e le eventuali esimenti al fine di esprimere al riguardo un parere vincolante circa la responsabilità del conducente e l’entità delle sanzioni da comminare (in tal senso gli artt. 5.3 e 5.4. del medesimo codice).

Ciò premesso, il ricorso deve essere accolto sotto il profilo del dedotto difetto di motivazione, effettivamente risultando agli atti causa che la gravata Determinazione Dirigenziale n. 382 del 2 dicembre 2009 di irrogazione delle contestate sanzioni non riporti alcuna indicazione dei presupposti di fatto che ne abbiano giustificato l’emissione bensì il solo riferimento agli estremi del presupposto parere vincolante espresso dalla competente Commissione di Garanzia, senza riportarne il contenuto, né allegarne il testo, e che anche tale parere (conosciuto dal ricorrente solo a seguito di relativo accesso) rechi un’inadeguata motivazione circa la valutazione di proporzionalità tra fatto contestato e sanzioni irrogate, mancando di ogni riferimento sia all’attività istruttoria svolta in contraddittorio con l’interessato, che ai parametri ai quali l’amministrazione si deve attenere nell’esaminare in concreto l’intenzionalità del comportamento tenuto ed il grado di negligenza dimostrato, valutando la natura e la rilevanza dei doveri violati, l’entità del danno causato all’utente e la gravità del disservizio determinatosi.

Tale parere, infatti, dopo aver richiamato le disposizioni del “Codice di comportamento” violate, si limita genericamente a riferire che “i fatti … non sono validamente contrastati dalle dichiarazioni del Grifoni” e che quest’ultimo sarebbe stato “già sanzionato per fatti analoghi” senza specificare quali siano le “ripetute trasgressioni nell’arco di un biennio” che legittimano, ai sensi dell’art. 5.1 del relativo “Codice di comportamento”, oltre all’irrogazione di una sanzione monetaria, anche l’applicazione della sanzione amministrativa della “sanzione della sospensione dal servizio”.

Orbene, osserva, al riguardo, il Collegio come il richiamo stereotipato, attraverso il ricorso a mere clausole di stile, ai presupposti individuati dalla normativa di settore per l’adozione di un atto non sia affatto idoneo ad integrare l’obbligo di motivazione prescritto in generale all’art. 3, comma 2, della l. n. 241/1990, secondo cui “la motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria”.

Era, dunque, necessario che, nel caso di specie si esplicitasse in sede di parere vincolante della competente Commissione di garanzia - da allegarsi alla determina di irrogazione delle sanzioni - oltre all’individuazione delle norme disciplinari poste a fondamento dell’esercizio del relativo potere, anche l’enunciazione delle specifiche ragioni di fatto che ne giustificavano il contenuto, onde consentire, innanzi tutto al destinatario del provvedimento, la ricostruzione dell’iter logico-giuridico che ha determinato la volontà consacrata nella determinazione a suo carico adottata.

All’osservanza dell’obbligo della motivazione deve essere, dunque, attribuito un rilievo preliminare - in ossequio al generale principio di buona amministrazione, correttezza e trasparenza - rispetto al quale sorge, per il privato, una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e i motivi del provvedimento assunto nei suoi confronti (in tal senso, in generale, ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, Sezione III, n. 8669/2018 nonché Sezione II, n. 460/2006 e Consiglio di Stato, Sezione V, n. 1750/2006), costituendo la motivazione degli atti amministrativi uno strumento di verifica del rispetto da parte della pubblica amministrazione dei limiti della discrezionalità, allo scopo di far conoscere agli interessati le ragioni che impongono la restrizione delle rispettive sfere giuridiche (o che ne impediscono l’ampliamento), e di consentire, pertanto, il relativo sindacato di legittimità ad opera del giudice amministrativo (in generale, fra le tante, Consiglio di Stato, Sezione V, 3 aprile 2002, n. 1904).

Tale conclusione risulta, altresì, avvalorata anche dal deposito documentale eseguito da Roma Capitale, in cui non si rinviene, tra l’altro, alcun riferimento a quali fossero le asserite precedenti “sanzioni per fatti analoghi” già applicate al ricorrente.

In conclusione, il ricorso deve, pertanto, essere accolto sotto il dedotto profilo del difetto di motivazione - con assorbimento di ogni ulteriore doglianza che non sia stata oggetto di specifica disamina - e, per l’effetto il provvedimento impugnato deve, quindi, essere annullato, restando comunque salvo ed impregiudicato ogni ulteriore atto che l’amministrazione comunale intenderà assumere nell’esercizio dei propri relativi poteri, pur sempre nei limiti dell’effetto conformativo che consegue alla presente pronuncia.

Sussistono, comunque, giusti motivi, attesa la peculiarità della vicenda, per compensare integralmente tra tutte le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione, per l’effetto annullando gli atti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2020, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 84, comma 6, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, con l'intervento dei magistrati:

Francesco Riccio, Presidente

Marina Perrelli, Consigliere

Eleonora Monica, Primo Referendario, Estensore



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Eleonora Monica Francesco Riccio





IL SEGRETARIO

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